Dopo aver sottoposto nel post precedente a esame critico i criteri di determinazione dell’ottimo per individui e imprese, vedremo ora in maggiore dettaglio come il modello economico capitalistico–liberista (modello c-l, nel seguito) tenti di realizzare l’ottimizzazione secondo i parametri che privilegia (il profitto per le imprese e l’utilità per gli individui).
Ricordiamo che per entrambi questi tipi di soggetto economico valgono due principi analoghi, applicabili appunto a profitto e utilità:
· I rendimenti decrescenti
· La “non-sazietà”
Tuttavia, la natura di questi due principi è nettamente diversa: mentre il primo ha quasi il carattere di una “legge fisica”, in quanto è inevitabile che, ad esempio, oltre un certo limite la produttività decresca con l’aumentare della produzione, il secondo deriva invece dal fatto che entrambi i tipi di agente nel modello c-l sono regolati da un’unica variabile valutata di fatto nel momento presente. L’assenza di meccanismi di limitazione conduce, come ho più volte sottolineato, all’espansione illimitata di produzione e consumi, alla fine scontrandosi inevitabilmente con le “condizioni al contorno” del mondo reale.
Proprio per questo, in un post di non troppo tempo fa, sostenevo che il modello c-l è applicabile ed efficace solo per i sistemi economici “piccoli” e lontani dai limiti di saturazione che invece, ormai, sono avvertibili nell’odierna economia globalizzata (e nella nostra società “opulenta”).
Per precisare meglio questa affermazione, e approfondire i meccanismi di ottimizzazione economica partendo dalla prospettiva del “consumatore”, è opportuno cominciare da una digressione un po' più approfondita sull’utilità individuale, e sulla sua relazione con i consumi, cui dedico il prossimo post.