Nell'ultimo post, ho parlato del livello di qualità dell'istruzione e del sapere nei diversi paesi. E' ragionevole ritenere che, oltre a eventuali differenze strutturali, le differenti performance dei giovani studenti nei diversi contesti culturali e sociali dipendano fortemente dagli incentivi che i giovani stessi ricevono a essere eccellenti.
In Italia, ad esempio, come sappiamo, l'eccellenza fa fatica a farsi strada, in un mondo in cui è presa nella tenaglia delle relazioni (familiari, di clan, clientelari) e dell'apparenza (ciarlatanesca, estetica, formalistica). In altre parole, l'Italia non è un paese meritocratico, e questo è un male, in quanto a essere incentivati sono "altri" comportamenti e caratteristiche delle persone, che tipicamente non producono "esternalità positive", anzi.
In questa situazione, si è fortemente tentati di identificare tout court la Giustizia (intesa come Equità, o meglio ancora Fairness in inglese) e la Meritocrazia: una società giusta è quella che consente ai migliori di emergere, e che premia il merito.
Il prossimo post (non mi impegno su quando sarà) si chiederà appunto se questa identificazione è corretta, e fino a che punto.
intanto ieri hanno menato marco, tanto per incoraggiare i giovani ricercatori italiani e per creare attorno a loro un clima favorevole e incentivante. come hai detto l'altro giorno? fujitevinne?
Ah, ma io sono un pessimista cronico, che come dice qualcuno non si gode le gioie dell'essere italiano, magari facendo un giro al centro di Roma per prendere un po' di sole e godersi le bellezze architettoniche.